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Angeli dalla faccia sporca

Come un vasto tesoro di novità e riscoperte, private memorie e in­dimenticabili eroi romanzeschi, si schiude la biblioteca di un autore coltissimo e lieve, ironico e raffinato, capace di apprezzare la cifra del classico proprio dove l’illusoria cortina del genere sembrerebbe appannarla. L’inarrivabile Hammett, il grandissimo Chandler, il nero di rabbia Chester Himes. I maestri del giallo moderno, accanto agli immancabili precursori Conan Doyle e Poe, alla valorosa schiera degli emuli e alla discutibile fiumana degli epigoni. Quindi Stevenson, Salgari e Verne, ma anche Char­les Williams e Tolkien, e Dracula a braccetto con Don Giovanni, insieme a un ventaglio di considerazioni sul doppio, il fantastico, lo sguardo estasiato del puer, il cannibalismo e l’autofagia rituale in letteratura. Fino all’elogio del comico, alla bicicletta rigorosa­mente scassata di Giovannino Guareschi, alla lacerante poesia di Antonio Delfini e all’indicazione di una via irregolare e autorevole che sappia osteggiare il cupo dominio delle divinità mercantili e rinnovare la tradizione nel ribollente crogiolo dei linguaggi at­tuali. Così che la Bellezza, insinuatasi quasi per sbaglio tra la ba­belica folla dei funerali di Pavarotti, spintonando tra kitsch e su­blime, opera e rock, torni a mostrarsi con quella maschera d’an­gelo «che sapeva di fango e di tango, di bassifondi e coltelli, di sudore e di stelle» affibbiata con una battuta, oltre mezzo secolo fa, a tre vecchi campioni di calcio argentini. Sivori, Maschio e Angelillo, per chi non li voglia scordare.